Si forma presso l’Istituto d’Arte a Sassari; nel 1950 vince il premio “Città di Sassari”. L’anno seguente si trasferisce a Roma, ove la cultura romana e quella sarda si fondono producendo una pittura drammatica, dal piglio energico e sintetico. I temi prediletti sono le nature morte, ed i pescatori, le concerie, le tonnare; il cromatismo si avvicina per le tonalità a quelle tipiche dell’Arte Informale.
La continua sperimentazione lo porterà negli anni sessanta a creare opere di forte impatto, come ad esempio i “Lupi”, nella quale i corpi deformati degli animali trasmettono una selvaggia energia, o gli “Americani”. L’artista cerca ispirazione nei mass media e nei fatti di cronaca, come nelle rivolte per l’indipendenza in Congo; in questa fase la tavolozza è essenziali: il colore viene posto sulla tela attraverso fogli di giornale, dando un senso di corrosività all’opera.
L’ansia di Tanda per i futuri sviluppi scientifici è resa attraverso opere come i “Ciborg”, figure di mutante create attraversi fili elettrici. La continua ricerca del senso e la costante insoddisfazione del risultato ottenuto sono presenti in tutto l’excursus artistico di Tanda. Muore a Roma nel nel 1998.
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